Chi si aspettava un dibattito sulle operazioni umanitarie nel Mediterraneo è rimasto forse sorpreso dal racconto di Don Mattia. Questo giovane sacerdote infatti è andato molto oltre ad ogni prevedibile querelle proponendoci piuttosto quello che potremmo definire un metodo esistenziale. Il suo racconto stupisce perché con chiarezza mostra come le esperienze più importanti e significative comincino da una disponibilità e un’apertura che riguarda le situazioni quotidiane.
Don Mattia infatti ci ha lasciato la grande testimonianza di quanto sia conveniente dire sì agli incontri della vita, nonostante ogni ragionevole obiezione. Nel dialogo ci ha ricordato l’insegnamento di don Pino Puglisi ovvero che Dio ama sempre attraverso qualcuno e che questo qualcuno ha una fisionomia che non decidiamo noi: può essere un migrante ma anche un’amica che si vede tutti i giorni o, inaspettatamente, una persona con convinzioni diametralmente opposte alle nostre.
E qui risiede la sfida per ognuno di noi: non aver paura di coinvolgerci lasciando entrare gli altri nella nostra vita. Non ha dubbi il nostro ospite nell’affermare che la cultura dell’incontro nasce da “compassione viscerale” verso tutta l’umanità, posizione che permette di metterti in relazione con le persone e spenderti nel rapporto con loro.
Il tornaconto è evidente: una gioia talmente tanto piena che converte il cuore e cambia il mondo.