Il grande cinema aiuta a fare i conti con sé stessi

È stato un onore poter dialogare sul cinema con uno dei suoi più autorevoli conoscitori, Gianni Canova.

La strada che lo ha portato a diventare critico cinematografico, volto televisivo e rettore di una delle più importanti università italiane è stata lunga e comprende anche una fase in cui è stato insegnante alle scuole medie e superiori. In quegli anni, che lui definisce i più preziosi della sua vita, la sfida era trasmettere l’incanto della cultura ai ragazzi – anche a quelli che frequentavano gli Istituti professionali di periferia.

Tra le pellicole citate durante la conversazione si ricorda il cortometraggio “The Lunch Date” in quanto esemplificativo di come il cinema sia capace di mettere in scena i nostri pregiudizi obbligandoci a farci i conti. I film perciò chiedono di riflettere su noi stessi facendoci uscire da quello che Canova chiama donchisciottismo scopico: sempre più tendiamo a non pensare a ciò che vediamo ma a vedere solo ciò che già pensiamo.

Il grande cinema aiuta quindi ad allargare lo sguardo e a pensare al significato della realtà non riproducendola semplicemente ma attraverso la creazione di mondi nuovi. Canova ci racconta infine che è cresciuto con i film di Bergman che per l’appunto “aiutano a capire meglio come siamo fatti e come funziona questo bellissimo mistero che è la vita”.