Insieme al traguardo. Quando lo sport illumina la vita

Nello sport di oggi, fatto di personaggi osannati e portati in trionfo quasi fossero supereroi, esistono ancora storie a misure d’uomo, nate dall’estro geniale di un «Destino» che guarda dall’alto il nostro mondo e se ne compiace. Nando Sanvito, noto giornalista sportivo, ha tentato di raccontare le vicende interamente umane di grandi campioni, alcuni conosciuti altri meno, che in un qualche modo con questo Destino hanno avuto a che fare. Ospite degli Incontri Esistenziali, lunedì 18 febbraio ha condotto la serata dal titolo Insieme al traguardo. Videostorie di sport.

Un vero e proprio viaggio nel tempo, nelle discipline sportive e nelle vicende umane che Sanvito ha saputo rendere attraverso un fil rouge intrigante: lo sport come metafora della vita. Passione, sacrificio, orgoglio, delusione… tutte le dinamiche che presenta l’esistenza sono compresse nell’atto sportivo. Anzi, in quest’ultimo esplodono perché la contingenza del tempo fa sì che tutto venga a galla subito. «I 100 metri durano 10 secondi, una partita di calcio 90 minuti» ricorda Sanvito, tutto comincia e si esaurisce in un istante.

Così, in un susseguirsi di storie appassionanti, ce ne sono alcune che hanno colpito la platea in maniera particolare. Enzo Ferrari è il primo personaggio presentato. Noto a tutti, è colui che per la prima volta ha consegnato all’omonima casa costruttrice una macchina da corsa competitiva. Ma prima di creare questo gioiello era un operaio come tanti altri che passava le giornate collaudando le macchine. La sua vicenda mette in luce come «la ricchezza insita in lui fosse il sogno, il progetto ideale da rendere opera» ha sottolineato Sanvito. Quello stesso progetto per cui nel film Ferrari di Carlo Carlei avviene questo dialogo:

Enzo Ferrari: “Forse non ci crederete, ma io ho anche meccanici, tecnici, e il miglior progettista sul mercato”.

Imprenditori Alfa Romeo: “Impossibile, il migliore è Vittorio Jano, delegato alla Fiat. Lo sappiamo bene, gli abbiamo fatto più volte delle offerte generose. Ma le ha sempre rifiutate”.

Enzo Ferrari: “Probabilmente perché nell’offerta non era incluso il sogno. Forse non lo avete ancora capito, signori. I sogni spesso sono contagiosi!”.

Altro contesto, altra vicenda. Olimpiadi naziste di Berlino ‘36. Staffetta 4X100 femminile dove la Germania è la super favorita. Di gran lunga in vantaggio durante la finale cade però il testimone nell’ultimo passaggio e la vittoria va, davanti ad un Hitler sconvolto, alle americane. Caso vuole che nella squadra statunitense ci fosse Betty Robinson, approdata nel mondo dell’atletica per puro caso. Un giorno andando a scuola in treno, infatti, arrivò davanti ai binari in ritardo e con il mezzo già avviato. Con uno scatto felino ed un salto riuscì ad acciuffarlo al pelo. Una sua insegnante dal treno vide la scena e, dopo averle fatto fare qualche prova cronometrata, la arruolò nella squadra di atletica. Partecipò alle olimpiadi del ’28 ma nel 1931 rimase vittima di un grave incidente. Quasi morta, rimase in coma per sette settimane e gli servirono due anni per riprendere a correre. Esito dell’incidente? Una gamba più corta, impossibilità di accovacciarsi e quindi di partire dai blocchi. «Ma nella staffetta, escluso il primo, non si parte mai dai blocchi ma da una posizione eretta – commenta Sanvito -. E così, nell’olimpiade che voleva celebrare la perfezione della razza ariana, la Germania viene battuta da una portatrice di handicap».

Solo due esempi non danno merito ad una serata che ha portato sullo schermo anche le vicende delle bobbiste italiane Gerda Weissensteiner e Jennifer Isacco, dei nuotatori Anthony Nesty ed Eric Moussambani, del lavoro di Marco Calamai in un team di basket di diversamente abili, della squadra di calcio dell’Anorthosis o dell’epilogo tragi-comico del tiratore Matthew Emmons; ma consegnano al pubblico un insegnamento profondo. «C’è un filo comune tra tutte queste storie – conclude Sanvito -. Aspirazioni, talenti e limiti sono gli strumenti con cui sfidiamo la vita. Sappiamo che ogni giorno ha un suo traguardo: la nostra crescita umana. Il bello di questa sfida è che non siamo mai da soli perché il destino non ci dà solo le regole del gioco ma anche la compagnia per arrivare al traguardo. E diventa un sorreggersi a vicenda perché grazie all’amico si arriva sempre un po’ più in là».

I supereroi allora li lasciamo nei film e nei fumetti. Nella vita di tutti i giorni bastano (si fa per dire) uomini veri, che affrontino questo Destino nella certezza di non essere da soli.


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